Minerva
La Casa delle Arti e Culture Animiste è localizzata a Manerba del Garda, nella frazione di Balbiana.
Il comune dì Manerba del Garda è situato sulla sponda occidentale del lago di Garda, tra i comuni di Salò e di Desenzano del Garda.
Secondo diverse fonti il nome di questo paese rinvia a Minerva. Da Enciclopedia Bresciana:
Il nome non si riferisce per nulla a Mano d’erba che si trova sulla porta della chiesa di S. Sivino e a S. Procolo ma al vicus Minervae cioè al culto di Minerva, dea della sapienza e dell’olivo, ricordata da lapidi trovate nel territorio. Nel sec. IX si chiamava Minervae, nel sec. XI Manerva; poi Manerba. […]
La leggenda vuole che Minerva con gli altri dei, travestiti da animali per sfuggire al gigante Tifone, si sia rifugiata a Manerba al centro di quella che verrà chiamata la valle di Atene (Valtenesi), per avervi la dea insegnato a piantare le olive e “molte delle sue arti”. […]
La vita ecclesiale si è svolta da tempi antichissimi intorno alla Pieve di S. Maria che la tradizione vuole sia sorta nei sec. VII – VIII su un tempio pagano dedicato a Minerva o Nettuno.
Secondo Simona Cremonini, ricercatrice sui miti e le leggende del Garda, nelle province di Verona, Brescia, Mantova e Trento esistono diversi toponimi e altre testimonianze secondo le quali addirittura l’intera regione attorno al lago di Garda, sarebbe stata attraversata dal culto di un’unica divinità femminile molto antica, poi assimilata alla romana Minerva, depositaria e garante dei patti e delle alleanze, i cui simboli sono l’ulivo e la civetta.
L’articolo di Simona Cremonini è ricco di testimonianze sulle iscrizioni e i simboli riscontrati in questa zona, tra cui appunto quelli della civetta. Per quanto riguarda l’ulivo, non c’è neppure bisogno di dirlo, giacché questa zona è stata fin dall’antichità piena di uliveti (l’olio, insieme al vino, costituisce una delle risorse primarie di questa zona, insieme al turismo).
Condivido l’idea secondo cui la presenza di questa divinità antica renderebbe possibile percepire, tutt’oggi, un’aura di protezione al femminile attorno al lago. Personalmente, immagino la dea sdraiata a formare il promontorio roccioso che forma la Rocca, con il Sasso di San Giorgio a formare figurativamente il “naso della Dea”. Questa è la sensazione che provo tutte le volte che ammiro questo spettacolo della natura (soprattutto dall’isola di San Biagio, ammirabile nelle foto qui sotto).
Una storia tira l'altra
Come le epoche storiche, anche gli Dei si assimilano l’uno con l’altro.
Secondo Wikipedia, che cita le Metamorfosi di Ovidio, gli Dei dell’Olimpo in fuga da Tifone non si rifugiarono in Valtenesi (come narra la fonte dell’Enciclopedia Bresciana) bensì in Egitto, dove avrebbero dato vita al culto locale degli dèi animali – ovvero la religione egizia. Questa ambivalenza e ricchezza di fonti anche contrastanti è propria del mito stesso, che altro non è se non il racconto delle origini (secondo altre ipotesi sarebbero i culti greci ad aver preso origine da quelli egizi, ma questa è un’altra storia). Essa può essere vista in trasparenza e unire così la Valtenesi (e Manerba) con l’Egitto e per analogia i culti greci con quelli africani che, si dice, provengano da quelli egizi e con questi condividano il culto delle divinità animali (come ho approfondito in altri articoli).
Sempre per analogia, Tifone sconfitto da Atena e Zeus sarebbe allora il Drago sconfitto da San Giorgio, a cui è dedicata non solo una chiesetta a Manerba, ma anche il cosiddetto “Sasso” (la punta della Rocca). Oppure il lupo che, secondo una leggenda, avrebbe occupato la Rocca impaurendo gli abitanti di Manerba fino a quando un contadino riuscì a farlo cadere dalla scogliera impaurendolo con una croce tenuta saldamente in mano (quella che svetterebbe ancora oggi dalla cima della Rocca).
Il mito è quella storia che non è mai accaduta, eppure accade (e si ripete) sempre.